Giuro che non pensavo mai potesse accadere. In trent'anni di Dakar pensavo di averne viste davvero di tutti i colori, e sapevo che non era ancora finita qua, ma una poesia, lo ammetto sinceramente, non me la sarei mai aspettata.
Eppure è capitato quest'anno. E' capitato che un pilota, al rientro a casa dopo la sua prima esperienza nel rally raid più famoso del mondo, abbia sentito la necessità di scrivere una poesia. Non un articolo o un libro, quello lo hanno già fatto in molti e ancora continuano a farlo, bensì una poesia.
E chi lo ha fatto non è un letterato, non è neanche un giornalista o qualcuno che ha fatto della scrittura la sua ragione di vita. Al contrario. Guido Della Rosa Prati è un medico, o meglio, ha fatto Medicina ma poi ha seguito una strada più imprenditoriale e la sua passione fino ad oggi erano soprattutto gli aerei. Guido è di Parma e quest'anno ha affrontato la sua prima Dakar, insieme a Stefano Calzi nel team Motortecnica. Ha guidato e navigato la
splendida Nissan con la scritta GO!!! che avevamo visto all'inizio degli anni Duemila: si è alternato sul sedile di destra e di sinistra con Luigi Capitani, partecipando alla Dakar Classic, portata fino in fondo, nonostante un problema alla frizione che una sera li ha costretti a rientrare al bivacco al traino.
In realtà Guido la Dakar l'aveva già sfiorata - nel mezzo del cammin della... sua vita - tanto per rimanere in tema Divina Commedia...per la precisione nel 1982 quando aveva deciso di iscriversi alla Dakar in macchina insieme a una sua amica. La storia è intricata e parte dalla Pioneer che in quel periodo era il main sponsor della competizione, da un amico di famiglia e dalla proposta di farsi le ossa in quella che a ragione, allora, era considerata come una delle gare più difficili al mondo. Guido decise di iscriversi ma poi si fece due conti - aveva solo 22 anni - decise che la spesa era troppo elevata e rinunciò.
Ma probabilmente quel desiderio, quell'ambizione non lo ha mai abbandonato; è rimasta sopita in un angolo della sua testa e del suo corpo e si è risvegliata qualche tempo fa, sempre per colpa di qualche amico che gli ha detto "devi andare a fare la Dakar".
Questa è la storia di una amicizia, che ha generato altre amicizie e una passione...se la Dakar si corresse ancora in Africa lo potremmo chiamare Mal d'Africa, ma ora non si può più dire.
Malattia o meno, nostalgia e passione che siano, la Dakar è una gara immensa, e comunque sempre impegnativa, selettiva e affascinante: Guido lo sa e al rientro le ha dedicato una poesia, e oggi mi ha permesso di pubblicarla.
Ci tenevo, e per questo sono andata a Parma per incontrarlo di persona (insieme a Stefano Calzi) e per chiedergli il permesso di poter scrivere la sua storia. Ahimè La Divina Commedia, è stata scritta in tempi troppo remoti per poter pensare di intervistare, allora,
il sommo poeta, Dante Alighieri...ma la Divina Dakar, invece...eccola qua.
La Divina Dakar
Tanto grande è questa esperienza che per la mente pare fantascienza.
Tra ricordi ed emozioni il cuor non trova pace tanto che qualsiasi altro pensiero soccombe e tace.
Scarsi piloti per l’ avventura ardita nell’incoscienza di dominare il deserto saudita!
Il 28 dicembre dopo preparazione intensa tutti insieme si parte per il volo dalla Malpensa.
Già nell’attesa della partenza si pavoneggia la nostra esperienza.
Manifestando una finta umiltà si parla di rally e di velocità …..tanto che qualcuno si sposta più in là!
Orgogliosi galletti al bivacco di Jeddah, sfoggiamo divise come cadetti , ma ogni pilota in verità riconosce in noi il pollastro che piume non ha !
Già in manovra della prestante vettura il cambio gratta e sembra in rottura.
Scarsa esperienza nella nostra mano , dice il maestro, ma fate piano !
Nel primo test tra sabbie e cammelli, subito mostriamo scarsi livelli.
Qualcuno ride, qualcuno capisce che quel posto ostile a noi non si addice.
Tanto è l’orgoglio e la determinazione che ce ne sbattiamo e pensiamo alla missione.
Durante il prologo il novantesimo è il posto migliore del nostro incantesimo.
Eppure la gara è lunga e complessa ed ogni speranza si aggiunge a se stessa.
Grande pilota è lo svedese ma triste ogni sera rimpiange il suo freddo paese.
Tra sassi e buche nel brullo terreno la nostra frizione ci lascia in un baleno.
L’esperto autista del camion scopa ci dà uno strappo e ci traina al bivacco
E qui i meccanici con mani esperte riparano il danno e ci spediscono sotto le coperte !!!
Il giorno seguente delusi e provati con gli svedesi ci siamo piantati .
Scava di qua , spingi di là, sgonfia le ruote e la macchina va!
Stefano e Umberto con grande esperienza volan le dune con eleganza.
Noi dilettanti con un po’ di arroganza scaliamo lo scoring ma senza speranza.
Gli amici svedesi con tanto coraggio ci inseguono sempre ma restiamo un miraggio.
Ad ogni serata dopo la tappa arriva dal Boss l’usuale chiamata .
Lui ci consola e da buon amico ci raccomanda: fate attenzione, ma superate il nemico !
Gigi derapa in controsterzo, la macchina accetta ma sembra uno scherzo.
E con la benzina del grande sultano il motore ruggisce ma andiam poco lontano.
Quando all’arrivo ci dan la medaglia, il tramonto sul mare ci rallegra ed il cuore ci abbaglia.
Che bella avventura, che bella esperienza sarebbe impossibile farne senza.
Grazie a tutti per l’immensa emozione che nel cuor suona come una bella canzone
E perché nessun tempo la porti via la nostra Dakar merita questa poesia.
Vostro Guido la Patrol
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